Ingredienti
Farina Manitoba 200 g
Farina 00 300 g
Acqua a temperatura ambiente 300 ml
Sale fino 10 g
Lievito di birra fresco (oppure 1,5 se secco) 4 g
Come prima cosa versate i due tipi di farine in una ciotola, sbriciolate il lievito all'interno e versate un po' della dose di acqua.
Mescolate con un mestolo di legno e aggiungete lentamente l'acqua. Continuate sempre a mescolare e quando avrete aggiunto circa metà dell'acqua potrete aggiungere anche il sale.
Unite poi l'acqua rimasta, sempre lentamente, sino ad ottenere un composto omogeneo; aiutatevi con le mani per lavorarlo meglio. Infine trasferite l’impasto sul piano da lavoro e lavoratelo con le mani fino a che non sarà liscio e omogeneo.
Ottenuto un bel panetto liscio, lasciatelo riposare sul piano di lavoro per una decina di minuti coprendolo con la ciotola. Una volta riposato dategli una piccola piega: immaginate che la sfera sia divisa in 4 parti, prendete l’estremità di ognuna, tiratela delicatamente e ripiegatela verso il centro. Date poi una piega all'impasto.
Dategli la forma di una sfera. Trasferite l'impasto in una ciotola, coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare. Potete mettere la ciotola in forno spento ma con la luce accesa. Mediamente l’impasto dovrebbe impiegare 6 ore a raddoppiare di volume.
Trasferite l’impasto su una teglia precedentemente unta, tirate l’impasto e coprite con un canavaccio lasciando riposare per altri 30 minuti. Trascorso il tempo condite la pizza a vostro piacimento.
Infornate a 250° in forno statico per 25/30 minuti.
Fino al 1 luglio 2022
è uno spazio di produzione di pensiero e scritture drammaturgiche che nasce a ridosso del lavoro di ricerca e creazione di alcune/i artiste e artisti residenti al Mattatoio e che approfondisce e moltiplica lo scambio e la riflessione portata avanti nelle precedenti edizioni di Prender-si cura.
Gli incontri sono pensati come uno speciale spazio-tempo di dialogo per delineare un paesaggio di indagini e pratiche drammaturgiche che possano accompagnare i percorsi di ricerca e produzione degli/delle artisti/e e allo stesso tempo produrre materiale di archivio (testuale, sonoro) utile all’indagine dei/delle dramaturg coinvolti/e.
SPONDA\ è realizzato in collaborazione con il festival Short Theatre e in continuità de Les Cliniques Dramaturgiques, sviluppato nella cornice del festival, per agire di sponda attivando traiettorie critiche, pratiche di mentoring e scambio tra artisti/e e dramaturg, avendo di mira le sperimentazioni drammaturgiche nel campo delle arti performative.
Ideato e curato da Ilaria Mancia, Piersandra Di Matteo, Riccardo Fazi e Paola Granato.
Prender-si cura è il nome del programma di residenze di ricerca e produzione artistica, ideato e curato da Ilaria Mancia, che si svolge negli spazi de La Pelanda del Mattatoio. Un gruppo di artiste e artisti sono invitati a sviluppare la propria ricerca, spaziando dalla danza alla performance teatrale, dall’arte visiva, alla musica e al video.
Ingredienti per 2 lt di limoncello:
– 8-10 limoni non trattati
– 1 litro di alcool a 90°
– 600 gr di zucchero
– 1 litro di acqua
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Per prima cosa lavate accuratamente i limoni.
Asciugateli bene con un panno pulito.
Preparate l’alcool e un vaso di vetro con tappo abbastanza capiente.
Con un coltello o un pelapatate togliete la buccia sottilissima ai limoni, stando attenti a non prendere la parte bianca; mette le bucce nel contenitore di vetro e aggiungete l’alcool.
Chiudete il recipiente di vetro e lasciate le bucce a macerare nell’alcool per una settimana, agitando di tanto in tanto il recipiente; vedrete che l’alcool diventerà sempre più giallo e le bucce di limone sempre più chiare.
Trascorsi i 7 giorni, preparate lo sciroppo di acqua e zucchero; in una pentola mettete a scaldare l’acqua quindi aggiungete lo zucchero
Scaldate a fuoco dolce mescolando fino a che lo zucchero non si sarà tutto disciolto quindi spengete e fate raffreddare
Unite lo sciroppo alle bucce macerate nell’alcool e mescolate bene.
Ed ecco il nostro limoncello pronto per essere filtrato.
Procedete filtrandolo, aiutandovi con un colino e un altro recipiente capiente.
Ora è pronto per essere imbottigliato.
CRAZY: LA FOLLIA NELL’ARTE CONTEMPORANEA
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 20.00.
Sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00 [la biglietteria chiude un’ora prima].
Ingresso: dal lunedì al venerdì
biglietto a € 15,00
Sabato, domenica e festivi
biglietto a € 18,00
LA MOSTRA
Dart – Chiostro del Bramante
presenta
CRAZY
La follia nell’ arte contemporanea
19.02.2022 – 08.01.2023
a Roma un grande progetto creativo ed espositivo a cura di Danilo Eccher
21 artisti di rilievo internazionale, più di 11 installazioni site-specific inedite: per la prima volta le opere d’arte invaderanno gli spazi esterni e interni del Chiostro del Bramante di Roma, perché la follia non può avere limiti.
La percezione del mondo è il primo segnale di instabilità, il primo contatto fra realtà esterna e cervello, fra verità fisica e creatività poetica, fra leggi ottiche e disturbi neurologici.
I 21 artisti chiamati a partecipare sono parte di questa follia.
Carlos Amorales, Hrafnhildur Arnardóttir / Shoplifter, Massimo Bartolini, Gianni Colombo, Petah Coyne, Ian Davenport, Janet Echelman, Fallen Fruit / David Allen Burns e Austin Young, Lucio Fontana, Anne Hardy, Thomas Hirschhorn, Alfredo Jaar, Alfredo Pirri, Gianni Politi, Tobias Rehberger, Anri Sala, Yinka Shonibare, Sissi, Max Streicher, Pascale Marthine Tayou, Sun Yuan & Peng Yu.
L’Amatriciana, o ‘matriciana in romanesco, è un condimento per la pasta che ha preso il nome da Amatrice, cittadina in provincia di Rieti, fino al 1927 in Abruzzo. Gli ingredienti principali sono: guanciale, formaggio pecorino e pomodoro. È inserita nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali laziali. L’antenata della amatriciana è la gricia (o griscia), ovvero stesso piatto senza il pomodoro, quest’ultimo difatti venne importato in Europa alla fine del diciottesimo secolo. Il nome Griscia proviene da un paesino a pochi chilometri da Amatrice, frazione del comune di Accumoli, di nome Grisciano. La ricetta fu inventata dagli antichi pastori, che andavano per pascoli con strutto, pasta secca, guanciale, pepe nero e pecorino. Nell’Ottocento e sino all’inizio del Novecento, la popolarità della Amatriciana a Roma si accrebbe considerevolmente, questo avvenne a causa degli stretti contatti – a quel tempo già pluricentenari — tra Roma ed Amatrice. A quei tempi, parecchi osti e trattori della città erano originari di Amatrice, cosicchè il termine “Matriciano” venne a significare “locanda con cucina”. L’Amatriciana fu estremamente bene accolta e (anche se nata altrove), venne rapidamente considerata un classico della cucina romana. Il nome della pietanza in romanesco divenne ‘matriciana a causa dell’aferesi tipica di questo dialetto.